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L'arrivederci dei ragazzi di OIKOS

16 agosto 2016. E' il giorno della partenza. E' arrivato incredibilmente presto. Salendo e camminando per la Pediatria arriva il momento di salutare gli amici conosciuti durante questo mese in Pediatria. Quante volte ci siamo trovati a percorrere queste stradine di sabbia e quante volte siamo passati per la grande salita che porta dai volontari o dalla nostra Camerata presso la Piccola Chirurgia e la parte alta della Pediatria dove si trovano le prime case d'accoglienza dei bambini della struttura.E' vero che già il secondo giorno tutti in Pediatria, piccoli e grandi, sapevano i nomi di Gaia, Andrea, Marta, Daniele, Nicole e Anna. Ma qui è così. Il saluto e il nome della Persona prima di tutto.

 

L'incontro con i bimbi e le attività svolte assieme a loro ed alle ragazze di M. Betty ci hanno permesso di conoscere ancora più a fondo questi piccolini ed i loro fratelli e le loro sorelle più grandi.

Bello vedere una sorella maggiore di Casa M. Betty che aiuta il fratellino o la sorellina in Neonatologia o al Foyer.

Incredibile osservare come qui la vita abbia un suo ritmo (potendo lasciare in stanza i nostri orologi), entusiasmante guardare le abitudini, i loro accenti, i gesti e i loro modi di interagire tramite una lingua "dura" come il lingala e la "gentilezza" che passa attraverso le molte parole francesi che si ascoltano nel dialogo quotidiano tra i congolesi.

Forti ed importanti i momenti vissuti in cui abbiamo sentito il dono della vita come il bene più prezioso di tutti e comprendendo, abbiamo condiviso assieme i pensieri su quegli attimi che ci hanno messo alla prova.

Un' ospedale, un orfanatrofio, una Casa e una Famiglia per tutti questi 451 bambini e giovani congolesi che hanno trovato come noi in questi giorni il senso di fratellanza, di amicizia e di famiglia all'interno di questa grande Pediatria. I giorni sono diventate settimane e le settimane un mese. Un mese intenso, 31 giorni di gioia, riflessione, servizio, di contatto diretto con le persone della Pediatria e di Kinshasa e con gli abitanti del villaggio di Kinta, dei quali abbiamo scoperto ed ascoltato condividendo con loro anche i pasti e le attività di lavoro quotidiano la loro incredibilmente affascinante semplicità di vivere.

Un vivere semplice e povero ma gioioso che fa fatica ad arrivare al giorno dopo ma che conosce il solo gusto del presente ossia di quello che ho/vivo oggi.

Un divertimento assicurato in un attimo di gioco, perché noi siamo qui con loro, anche senza avere l'ultimo giocattolo uscito sul mercato che è " super alla moda" ma con le "vecchie" ma qui tanto amate matite colorate ed i nostri cari pennarelli.

Un dare che ha una sua importanza e che ha delle regole importanti che abbiamo capito e rispettato insieme, comprendendo l'Amore e l'Amicizia che stanno dietro un "no" detto per aiutare a crescere il bambino davanti a noi.

Un amare che ci lascia senza forze e senza fiato come succedeva alla fine di molte giornate al calare del sole quando i bimbi si preparavano per lo "chapelet" (recita del rosario) e la cena nelle diverse Case e noi scendevamo per rinfrescarci un po' e rifocillarci.

Meravigliosi i momenti a tavola e le cene che ci hanno permesso di conoscerci più a fondo tra tutti noi volontari in un ambiente che pullula di multiculturalità e d'internazionalità.

Nelle parole di "Arrivederci" pronunciate alla fine della nostra esperienza c'è anche l'invito a tornare, perchè molte sono le cose che si possono fare per aiutare questi bambini a crescere e a diventare speranza per questo Paese: la RDC che viene citato da molti ma VISSUTO da pochi, perchè è un Paese che ha sofferto a causa dei diversi conflitti che hanno interessato la sua storia.

Nell'augurio di P. Hugo in uno degli incontri-chiacchierate avuti con lui per tutti i giovani di "non invecchiare mai" si cela l'essenza unica di quest'esperienza, che ci tocca dentro fino a farci a noi stessi delle DOMANDE DI VITA, che è difficile trovare in altre occasioni.

Ecco anche in tutto questo troviamo le ragioni che ci hanno spinto a venire a vivere la realtà di Kimbondo di cui avevamo sentito parlare, ma che potevamo assaporare e capire solo vivendola nella sua quotidianità, venendo qui ad incontrarla personalmente e sentendo cosa poteva insegnarci.

CON TUTTO IL CUORE: Grazie ragazzi per la nostra esperienza!

Agnese Castellarin